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Non dimenticarti di consumare

Condannato dagli estremisti e silenziosamente idolatrato dalle grandi imprese, il consumismo è un uomo che corre veloce, ci lancia uno sguardo e, senza che ci accorgiamo, ci ha già presi per mano.

E si finisce a consumare non più per soddisfare un bisogno, ma per crearne un altro: << Si ma adesso vorrei prendere anche quello, e quell’altro, anche questo che bello!>>.


Quando ha avuto inizio tutto questo?

Si potrebbe dire negli Stati Uniti, durante il breve periodo di benessere tra le due guerre, ma è a partire dagli anni Cinquanta che il consumismo subisce veramente un’accelerazione e uno sviluppo incredibili. La guerra è finita, la gente vuole riprendersi dalla situazione tormentata appena vissuta e vede la prosperità come una salda sicurezza. Le imprese producono, offrono lavoro e fioriscono una dopo l’altra: è il boom economico.

Ovunque cartelloni pubblicitari e programmi televisivi che invitano a comprare, presentano prodotti sempre più innovativi e invogliano ad adottare finalmente uno stile di vita comodo e rilassato.

Si stima che il livello di consumi in questo periodo raggiunse il massimo storico.

Questo meccanismo si è poi protratto nel tempo, si è naturalmente modernizzato, ed è arrivato ad influenzare anche il nostro quotidiano.

Tutti noi, da bambini o da adulti (o da entrambi) abbiamo vissuto la "sindrome del compratore", per poi scoprire che dietro al gesto di comprare qualcosa che credevamo ci avrebbe reso felici, si nasconde l’insoddisfazione e la desolante comparsa di un nuovo desiderio.



È così che la società dell’abbondanza diventa la società dell’opulenza e troppo spesso, dello spreco. Tutto questo ciclo perpetuo del consumo ha infatti delle conseguenze ambientali impressionanti, perché porta ognuno di noi a consumare più risorse del reale bisogno e a dover smaltire sempre più beni; perché non abbiamo più spazio o semplicemente perché non corrispondono più ai nostri gusti. Lo smaltimento vero e proprio è la parte più pesante perché, al contrario di quanto si pensa nell’immediato, il ciclo del consumo non finisce nel momento in cui si apre il cestino.


Optare meno spesso per degli oggetti concreti e più spesso per delle esperienze, le quali possono avere un impatto ambientale decisamente minore, consente di sottrarsi alla corsa affannata del consumismo, permettendoci di vivere le soddisfazioni autentiche che troppo spesso affidiamo ingenuamente ai desideri materiali.


L’opulenza ha un costo caro; per il benessere ambientale, ma prima di tutto per il nostro ♥


Martina Radicchio 5RIM1

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